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Tutto ciò che qualcuno può immaginare, altri potranno trasformarlo in realtà (J. Verne).

Nulla è impossibile per colui che osa (Alessandro Magno, condottiero).

Le prime tre cause di fallimento di un nuovo business sono la mancanza di un’adeguata conoscenza del mercato, dei suoi bisogni e di un adeguato team. Spesso i progetti di start up falliscono non per mancanze tecniche del prodotto o del servizio ma per un approccio non adeguato al mercato. Lo studio Laconi offre ai neo-imprenditori le competenze ed esperienze che normalmente mancano nelle fasi di inizio di attività imprenditoriali, li affianca nella fase iniziale di avvio del proprio progetto, supportandolo in tutte le fasi che conducono l’idea a diventare un business, li supporta nello sviluppo (e analisi) di business plan di idee imprenditoriali, fino alla preparazione della documentazione di supporto. Si propone di offrire una consulenza a 360 gradi offrendo la possibilità di entrare in mercati diversi da quello italiano, grazie alla continua collaborazione con consulenti dislocati in diverse aree del mondo, tra Londra, Dubai, Hon Kong.

Per Startup nel settore economico-imprenditoriale ci si riferisce a una nuova azienda configurata su un modello temporaneo o comunque come una società di capitali alla ricerca di un business model ripetibile e scalabile. Era un termine inizialmente usato solo per le imprese nate e operanti nel settore Internet o per nelle tecnologie dell’informazione, al giorno d’oggi startup viene usato in diversi ambiti. La scalabilità è la caratteristica fondamentale per questo tipo di azienda, per start up si intende l’avvio di un’attività legata a un nuovo tipo di business, in altre parole: avviare un’attività imprenditoriale nel settore della ristorazione, per esempio, non significa creare una startup ma una società di tipo tradizionale.
La crescita delle startup italiane passa imprescindibilmente per un processo di internazionalizzazione. Le ragioni alle spalle di tale rilevanza assegnata all’espansione estera sono molteplici.
Innanzitutto, emerge un tema dimensionale. L’Italia rappresenta un mercato relativamente piccolo, e tali dimensioni ridotte non consentono di raggiungere facilmente quella massa critica di utenti che risulta necessaria per sviluppare appieno idee di business in ambito digitale. Inoltre, il mercato italiano ha talvolta mostrato scarsa ricettività rispetto alle innovazioni tecnologiche radicali, e il numero dei cosiddetti utenti innovatori o “early adopters” – tanto importanti in ottica “lean startup” per testare la propria value proposition sul mercato e ricevere feedback dai clienti il prima possibile – è spesso insufficiente. In quest’ottica, internazionalizzare significa quindi accedere a mercati più ampi e dinamici che promettono maggiori prospettive di crescita, nonché aumentare la propria visibilità rispetto a clienti e partner.
In aggiunta alla considerazione precedente, si evidenzia come il numero delle startup che in Italia effettuano una exit sia ancora limitato. La ricerca dell’Osservatorio Startup Hi-tech ha evidenziato nel periodo 2012-2016 una media di poco più di 20 exit all’anno: dato indicativo della relativa giovinezza dell’ecosistema, ma ancora insufficiente per garantire quel ritorno sull’investimento dei fondi istituzionali e degli attori informali che possa costituire la linfa per nuovi finanziamenti. Infine, anche a causa dei sopracitati elementi, si riscontra ancora una limitata propensione ad investire da parte dei finanziatori italiani, aspetto che costringe le startup nostrane a ricercare fonti finanziamento estere: ed in molti casi, sono gli stessi investitori stranieri a richiedere espressamente un’espansione geografica o addirittura un cambio di sede legale (ad esempio, a causa della loro maggior conoscenza del mercato estero e confidenza nel quadro regolamentare e normativo straniero rispetto a quello italiano, purtroppo considerato ben più contorto).
Per crescere, distinguersi dalla concorrenza e far decollare una nuova impresa è necessario pianificare con grande attenzione la propria presenza online, sin dal principio e in ogni suo aspetto, studiando una strategia specifica che permetta di affermarsi sul web. Ci riferiamo alla SEO (Search Engine Optimization) e in particolar modo alla SEO per startup ed e-commerce, cioè quell’insieme di attività volte a migliorare la visibilità di un sito web e il suo posizionamento nei motori di ricerca. È essenziale che il sito sia orientato alle esigenze dell’utente, sia in termini di esperienza che di ricerca.
Un aspetto molto delicato nell’ottimizzazione SEO per startup ed e-commerce che si rivolgono a mercati esteri riguarda la geo localizzazione del sito; incongruenze fra il mercato-obiettivo e la lingua di rifermento non potrebbero che generare danni all’impresa che intende internazionalizzarsi. L’altro aspetto invece consiste nella creazione di contenuti rilevanti, saper raccontare il proprio brand o prodotto, offrire qualcosa di nuovo e utile all’utente, alimentare il sito con articoli, testi, immagini e consigli in grado di stimolarne la condivisione, ma soprattutto originalità.
Nell’ambito di un progetto digitale ancora pochi comprendono l’importanza di investire sin dal principio nell’attività SEO, qualunque sia la tipologia di startup o di sito web. «La SEO dà risultati e frutti sul medio-lungo periodo, ecco perché spesso le startup non la ritengono un’attività prioritaria. Al contrario, è essenziale fin da subito, essendo un canale che fornisce un alto ROI nel tempo, nonché risultati tangibili e misurabili. Investire nella SEO rappresenta, inoltre, una strategia per differenziare i canali di marketing e di traffico e rendere la startup più solida nel tempo.

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